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Un eserciziario?

Pur essendo una sostenitrice dell’unschooling ultimamente mi ritrovo a fare i compiti con i miei figli alla mattina … eh, già: proprio come nelle immagini canoniche della scuola familiare mi vedo al tavolo intenta a seguire i miei bambini, ciascuno con il proprio eserciziario, matita e gomma alla mano.

In casa abbiamo materiale di svariato tipo: pitture, squadrette, strumenti musicali, goniometri, cartelloni, bastoncini, compassi, corde, tutto è a disposizione così come i computer, il tablet e –infine- i libri. Essendo in tanti mi piace sapere che ciascuno sia libero decidere cosa utilizzare e come utlizzarlo. Almeno nel limite del possibile. Devo ammettere che quando Nicholas (3 anni) mi chiede di pitturare alle otto di sera, dopo che io ho pulito la cucina, cerco di dissuaderlo, promettendo di “ripartire” con questa idea l’indomani.

Il fascino del libro li ha comunque catturati e nell’ultimo mese almeno un’ora e mezza delle nostre mattine è stata dedicata alla compilazione dei classici eserciziari, quelli che racchiudono un po’ di tutto: scrittura, matematica, geometria, fonetica e lettura, disegno e attività pratiche come conoscere l’ora o contare i soldi. Malgrado un mio iniziale stupore (e timore), devo ammettere che il tutto ha dato un ritmo positivo alla giornata. Riesco a seguire tutti e tre in contemporanea (3, 5 e 7 anni) con buoni risultati. Ovviamente ci sono alti e bassi: l’attenzione in questo contesto non è altissima e le distrazioni sono molte (se non fa la nanna ho con me anche il piccolo Ben di 5 mesi), ma ci sono anche molti lati positivi. Se uno dei tre sta affrontando una pagina interessante la condividiamo con il gruppo, se io mi assento per qualche minuto i tre si aiutano a vicenda scambiandosi i ruoli con grande gioia e con il passare del tempo arriviamo a conoscere meglio i punti forti e deboli di ciascuno. L’importante per il genitore è rimanere calmo , anche se ci sono tante vocine che chiedono aiuto, dare le giuste priorità e interrompere il lavoro non appena vede che la propria pazienza è esaurita. Lo stesso vale per i bambini: se danno segno di essere stanchi MAI insistere , io sconsiglio di dire la classica frase: “Dai finiamo la paginetta!” , piuttosto lasciate un segno e chiudete il libro. Dopo un’attività si questo genere, i miei, di solito, fanno un gioco solitario.

Thomas (7) oggi ha trovato una pagina piuttosto difficile e ho immediatamente sentito il suo disappunto per non essere in grado di compilarla con agiatezza. L’ho visto , ma l’ho sopratutto sentito come un’onda di tristezza e tensione, infatti lui è un bambino molto preciso e perfezionista. Prima che potesse dirmi alcunché l’ho invitato ad uscire in giardino per fare una corsa, un giro sul trapezio oppure degli esercizi di coordinazione. Rientrando, dopo cinque minuti, aveva un volto sereno e rilassato. Con una dritta da parte mia ha terminato il lavoro in un batter d’occhio. Del resto noi homeschoolers possiamo permetterci queste utili divagazioni, giusto? E in pigiama, io, mi sento anche meno “ maestrina ”.

Da quando ho scritto quest’articolo è passato del tempo e ora le nostre mattine sono ora completamente differenti. Adesso preferiscono giocare in camera alla mattina, oppure esercitarsi nel disegno dal vero. Il periodo dedicato a “fare scuola” è durato circa tre settimane. L’ultimo giorno che mi hanno chiesto di seguirli con i libri abbiamo fatto si e no 10 minuti, poi erano appagati e pronti a passare ad altro. I libri ora sono sullo scaffale che aspettano di essere desiderati nuovamente. 

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