Logo

Apprendimento oltre l’età

Una delle caratteristiche della scuola tradizionale che aborro è la segregazione per età . Oggi non accade solo nelle classi di vedere bambini etichettati per anno, purtroppo, sempre più spesso le attività pomeridiane extra curricolari sono ugualmente basate su questa assurda divisione a gruppi. E’ una pratica deleteria visto che impedisce ai bambini di apprendere reciprocamente gli uni dagli altri, e non intendo solo per i più piccoli che possono imparare dai grandi, ma anche per i più grandi che possono essere stimolati dai più piccoli a migliorarsi in svariati modi.

Non mandando i miei figli a scuola, e vedendoli interagire quotidianamente, posso testimoniare come il gruppo di età diverse (nel mio caso 2, 6, 9, 11 e 13 anni) sia di beneficio a tutti, genitori compresi. I risvolti positivi sono diversi, per esempio: i più grandi possono dare una mano in casa, e verranno poi emulati dai piccini che apprenderanno nuove cose, mentre questi ultimi, con la loro gioia ed entusiasmo, ci regalano sempre una risata inaspettata quando siamo tristi o affaticati.

La scuola e la segregazione per età risale al periodo della rivoluzione industriale , e la similitudine con la catena di montaggio è di immediata comprensione. I bambini si muovono per gruppi di età uguale lungo il nastro trasportatore e a ogni stadio (classi) un operaio (insegnante) infonde in essi delle diverse caratteristiche (conoscenza per materie). Al termine di ogni stadio il bambino deve passare dei test di qualità (esami) e ricevere un marchio di approvazione (certificazione). Il prodotto che esce al termine di questo percorso è tristemente molto diverso dal bambino che vi era entrato, e questo percorso diventa ogni anno più lungo ed intricato, tanto che alcuni continuano a girare sul rullo fino ai trent’anni. Per questi la vita vera non inizia che nella mezza età. Inoltre, nel tempo, la garanzia di successo post percorso è andata deteriorandosi, così come la qualità del prodotto finale.

Da ex-insegnante (l eggi la mia bio qui ) non posso che confermare che non c’è nulla di più sbagliato di questa visione dell’educazione. I bambini non sono dei componenti ai quali dobbiamo infondere conoscenza dall’alto . Credo che qualsiasi genitore, che abbia osservato un bambino a uno, due o tre anni lo possa confermare. La voglia di apprendere è palpabile. Ecco, allora ricordiamoci che a sei anni, età dove in Italia inizia l’obbligo di istruzione (la scuola non è un obbligo, leggi qui ) non cambia proprio nulla. La maggior parte dei malesseri che dimostrano i bambini scolarizzati, chiamateli disturbi, pigrizia, disadattamento o altro, sono in realtà grida di aiuto: essi vogliono riappropriarsi del proprio tempo, del proprio apprendimento, della propria vita. Vogliono scendere dal rullo trasportatore e correre e saltare all’aria aperta. Smascheriamo una grande menzogna che fa lavorare tutti gli esperti e specialisti che creano i problemi, quando la soluzione è sotto agli occhi di tutti.

Si tende a pensare ai bambini come adulti in divenire, come esseri non ancora completi ai quali dobbiamo aggiungere o togliere delle caratteristiche al fine di avere un buon risultato. Chi decide cosa sia un buon risultato? Di certo non il consumatore (genitori/società), visti i racconti di violenza e disagio che popolano i media. Non credo che nessuno di noi sia soddisfatto di quello che stanno vivendo oggi le nuove generazioni. Dunque, è il sistema a dettare legge, ma temo che non faccia gli interessi degli individui che lo compongono. Eppure, per quanto evidente, per la maggior parte delle persone pare essere così difficile discostarsi da questo fallace modo di operare.

Sarebbe molto più semplice ascoltare i bambini e offrire loro ciò che cercano, invece di inventarci mille modi per obbligarli ad andare contro la propria natura. Vivere il presente e andare nel senso della corrente sarebbe così semplice, non vi pare? Tuttavia, il trend è quello di infliggere pene e punizioni, dimenticando che siamo tutti parte di una cosa sola.
Se un figlio sta male, sta male tutta la famiglia. Se un insegnante lavora male, lavora male tutta la classe.

In casa e nei gruppi di gioco/apprendimento per bambini non scolarizzati che frequentiamo si possono osservare svariate dinamiche di interazione tra età differenti. Mio figlio, quando aveva 5 anni era capace di giocare a Monopoli, Poker e altri giochi ritenuti non adatti alla sua età. Era in grado di farlo perché giocava con ragazzi e ragazze più grandi che potevano aiutarlo a progredire e rispondere adeguatamente alle esigenze del gioco. Allo stesso modo ho visto quindicenni imparare cosa sia la pazienza nel prendersi cura di un bambino di due anni, o altri adolescenti che coltivavano la propria autostima interagendo con un gruppo di bambini di età inferiore. L’amore per la lettura è anche una caratteristica che si tramanda di generazione in generazione e che si sviluppa in cerchi di età mista.

Organizzando spesso gite fuoriporta, o meglio esperienze di outdoor education , mi sono resa conto di come le età miste permettano ai più piccoli di avventurarsi in gite ideate per una fascia di età più grande. Questa è la forza positiva della tribù, dove anche un bambino di cinque anni può passare una notte all’aperto senza i propri genitori, senza avere paura.

Essere relegati a un gruppo di età ristretto non permette questa interazione e crescita, o meglio: permette un tipo di attività relativo a quel gruppo di età specifico, mentre quando si collabora a un progetto in un gruppo eterogeneo le possibilità sono molteplici.

L'articolo Apprendimento oltre l’età sembra essere il primo su Controscuola.

Share by: