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Scuola dipendenti

Dalla bocca di un giovane ragazzo di 15 anni (età scolastica: seconda superiore) sono uscite le parole chiave che spiegano perché il metodo scolastico attuale è sbagliato.

Ero al suo fianco mentre mi ripeteva la lezione di scienze.
Lui come molti altri ha avuto le vacanze avvelenate dal pensiero del recupero di alcune materie.
Questa settimana sarà decisiva, la tensione sale… dopo un’ora di ripasso gli chiedo:
Allora, ti senti preparato per mercoledì? Sarai sicuro di te all’esame? ”, lui abbassa lo sguardo, abbozza un mezzo sorriso pieno di amarezza e mi risponde:
“Ma io che ne so! Siete voi a dovermi dire se la so o meno!”.

Questo ragazzo ha studiato per gran parte dell’estate sia con me che da solo, è un ragazzo maturo e intelligente, ma non sa giudicare il suo operato.
Non ha fiducia nelle sue capacità.
Questo ragazzo è dipendente .
Dipende dal giudizio altrui, dipende dal sistema, dal voto, dall’insegnante, dell’approvazione.
Magari sa se è preparato ad affrontare l’esame o meno, ma non si fida di rispondere, perché se poi avesse torto cosa farebbe?

Prendiamo dei bambini, dei bambini che hanno da soli imparato a camminare, a parlare, a mangiare, a vivere in quella piccola società che è la famiglia in tutte le sue sfaccettature e inseriamolo in un sistema dove ogni cosa è decisa per loro, un luogo chiuso dove vengono osservati e giudicati .
Fin da subito facciamo loro capire che le scelte individuali valgono poco e che per vivere bene bisogna stare nel gruppo, amalgamarsi al gruppo, senza stare al primo posto, ma nemmeno all’ultimo.
Diamo loro stelle adesive e caramelle quando fanno delle cose che ci piacciono e puniamoli nel caso contrario. Stare nel sistema è faticoso perché annulla i propri desideri e il proprio estro, l’individualità che rende ognuno unico e speciale, allora diamo loro ricompense, diamo loro premi per giustificare questa fatica.
Confidiamo loro che l’educazione è un processo lungo e difficile, che solo noi possiamo portarli alla conoscenza e che per questo abbiamo il potere di valutare il loro operato. Creiamo una dipendenza , insegniamo loro a cercarci per qualsiasi dubbio, problema, quesito.
Controlliamoli in tutto ciò che fanno, persino l’andare in bagno.
Facciamo questo per nove mesi all’anno e lasciamoli liberi per gli altri tre mesi, senza però dimenticare di affibbiare loro un compito, un impegno da svolgere (potrebbe essere un lungo esercizio o la minaccia di un esame) in modo da impedirgli di sentirsi troppo liberi.
Allentiamo la corda, ma non troppo.

Questo processo trasformerà quei bambini capaci di tutto in giovani insicuri e timorosi, aggressivi ed infelici, menefreghisti e manipolatori. Di certo non otterremo una generazione di individui di successo, membri attivi e interessati della propria comunità che si sentono bene nella propria pelle e che sono fieri del ruolo sociale svolto.

Quante volte sento i ragazzi dire “…che importa tanto non dipende da me!” .
Soffro ogni volta al suono di queste parole perché penso che siamo stati noi a togliere loro la fiducia, la sicurezza.
Vagano per vie incerte, come nella nebbia, spesso lamentandosi, a volte in sottomessa accettazione, come spinti da un vento. Questi sono i giovani! Quelli che dovrebbero avere nelle loro mani il mondo!

Io non so se la scuola familiare sia la soluzione più adatta per evitare di entrare in questo sistema, ma sicuramente mi auguro che sempre più persone si svincolino da esso se si sentono infelici o se vedono che i loro figli non reggono il ritmo. Cambiare può essere meno faticoso di adeguarsi . Proviamo una nuova strada, smettiamo di delegare e occupiamoci in prima persona del nostro futuro.

 

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