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Sculacciare per punizione?

Un recente studio dell’Università di Montreal, pubblicato sul Journal of Adolescence , ha fatto emergere che i genitori italiani sono fra i più severi, più di canadesi e francesi, e tra quelli che sanno esercitare un controllo maggiore sui loro ragazzi.
Inoltre si scopre «che le madri italiane non sono affatto le più affettuose e disposte sempre a perdonare i loro pargoli». Le madri italiane, anzi, menano più dei padri.

Il Washington Post dei giorni scorsi riportava un articolo sulle “punizioni tecnologiche”, nuova frontiera dell’educazione digitale americana. Il 62% dei genitori davanti ai brutti voti, confiscano i cellulari, chiudono le pagine di Facebook, tolgono i cavi della Playstation, perché per le generazioni digitali la priorità non è sempre uscire con gli amici, ma soprattutto essere insieme virtualmente. Essi tolgono ciò che i ragazzi più vogliono, sembrerebbe una specie di educazione indiretta.

I ceffoni sono sicuramente diminuiti, ma le urla e il tono rancoroso sono in aumento . Spesso i ragazzi urlano tra di loro e hanno scoppi d'ira sfogati poi in strilli proprio come i genitori. Non a caso il New York Times titolava in prima pagina “ For Some Parents, Shouting Is the New Spanking” , “Per alcuni genitori gli strilli sono la nuova sculacciata”.
Peccato che si parte urlando, si passa allo scappellotto e alla fine “ vince ” (si fa per dire) sempre il bambino. Il problema è che il rapporto tra genitori e figli è sempre più appesantito dai sensi di colpa . Infatti sempre più spesso i genitori sono fuori per tutto il giorno e i figli lasciati, nella migliore delle ipotesi, ai nonni. Poi, una volta rientrati alla fine della giornata, i membri della famiglia non si ritrovano: il padre è davanti alla tv, la sorella maggiore manda messaggi, il fratello gioca con la Playstation e la cena è un optional.

Io devo ammettere che il mio modo di far rigar dritto i miei figli è molto cambiato nel corso degli anni.
Sono cresciuta in un ambiente rigido e severo, di ceffoni ne ho ricevuti solamente un paio, ma i ricatti psicologici e il “ ti tolgo questo o quello ” la facevano da padroni.
Quindi all'inizio della mia carriera di mamma usavo spesso il “ time out ”, ovvero “ fuori gioco ”, facendo fermare mio figlio a pensare a quello che aveva fatto per qualche minuto. Qualche pacca sul pannolino l'ho data (e mi costa ammetterlo) nei momenti di grande stanchezza, mentre urlare non è da me. Il “ ti tolgo questo se continui …” con un bambino di 2 anni funzionava poco…
Poi grazie al cielo ho smesso di ripetere le azioni che avevo un tempo subito , ho smesso di fare così come fan tutti e ho iniziato a osservare mio figlio, a capire cosa si celava dietro a quei comportamenti difficili. Non so esattamente spiegare cosa sia accaduto, ma ora che di figli ne ho tre mi capita raramente di dover fare la voce grossa. Sicuramente ho intrapreso un vivace e costante dialogo con i miei figli fin da piccolissimi. Parliamo di quello che ci accade in prima persona e commentiamo avvenimenti a cui siamo stati testimoni fuori dalle mura domestiche. Per esempio se assistiamo ad un litigio tra bambini o ad una punizione, poi a casa ne riparliamo facendo ipotesi su quale sia stato il vero motivo del litigio, ci chiediamo se fosse giusto comportarsi in quel modo oppure riflettiamo sullo stato d'animo del genitore che ha inflitto la punizione e del bambino che l'ha subita. Facendo così ho imparato molto dai miei figli. I loro commenti mi hanno aiutato a vedere il mondo attraverso i loro occhi.

Così mi sono trovata a fare discorsi tipo questo, con mio figlio più grande quando aveva tre anni e mezzo:

“Quando mi sgridi mi spavento molto e penso che non mi ami più.”
“Scusami se ti sgrido, lo faccio perché tu non mi ascolti e io non so più cosa fare per avere la tua attenzione.”
“Scusami se non ti ascolto, ma a volte è più forte di me.”
“Lo sai che ti voglio sempre bene, anche quando ti sgrido. Dirti cosa è sbagliato fa parte del volerti bene. Se ti ignorassi non sarebbe giusto, non trovi?”
“Si, lo so. Tu non urlare e io non faccio più le cose brutte.”
“E' un patto? Va bene!”
“Va bene, buona notte.”

Abbiamo poche regole, ma le osserviamo tutti. Sono sempre più convinta che le punizioni , di qualsiasi genere esse siano, non servano a nulla . Sono cosciente del fatto che questa sia un'affermazione forte, ma io sto imparando dall'esperienza e ho constatato che ceffoni e urla non aiutano ad educare. A volte punire dà risultati positivi nell'immediato, ma sono solo superficiali, comunque il rancore di essere stati puniti riaffiorerà e causerà ulteriori problemi in futuro.

Mi farebbe piacere conoscere le vostre idee al riguardo. Voi come ve la cavate con i vostri figli?

Photo Credit: Flickr

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